lunedì 29 novembre 2010

Impatto zero: la tv e gli esempi da non seguire

"E se domani", la trasmissione di Alex Zanardi in onda sabato sera su RaiTre, propone Paola Maugeri nelle vesti di eroina a impatto zero. Un modello talmente distante dalla realtà e da quanto si dovrebbe fare veramente che finisce per rivelarsi controproducente.


La vita a impatto zero è ormai un argomento talmente di moda che praticamente tutti cercano di sfruttarlo per darsi un po' di visibilità. Spesso però facendolo a sproposito e dando al pubblico esempi tutt'altro che positivi. Un esempio è Paola Maugeri, prezzemolina radio-televisiva, sedicente giornalista esperta di rock e con pronuncia anglofona molto "cool", ma evidentemente sprovveduta di qualsiasi nozione riguardo alla vita a "impatto zero".
La Maugeri è comparsa in tv nella bella trasmissione di Alex Zanardi "E se domani", in onda su RaiTre il sabato sera. Si è sottoposta a uno pseudoesperimento di risparmio energetico che consiste nel dotarsi di un modulo fotovoltaico e staccare il contatore della luce. Per tre settimane ha vissuto così, usando le candele di notte come se fossimo tornati nel MedioEvo. Certo, non deve usare l'auto perché vive nel pieno centro di Milano, con metropolitana a un tiro di schioppo, e in più ha una tata al suo servizio che pare lavi notte e giorno quello che lei e suo figlio sporcano.
Il fatto è che modelli di questo genere sono dannosi perché mostrano una completa incomprensione dei canoni del risparmio energetico come andrebbe praticato davvero.
Vivere oggi a misura di pianeta non significa tornare all'epoca delle spelonche, ma sfruttare quanto ci offre la tecnologia. Non serve staccare il contatore e mettersi un pannello fotovoltaico sul balcone: serve fare un impianto di condominio e fare un contratto serio di fornitura di energia verde. Serve usare gli elettrodomestici nelle ore più intelligenti e senza sprechi. Serve coibentare come si deve la casa e dotarsi di una caldaia efficiente. Serve ridurre gli sprechi nel cibo e nel vestirsi (vedi per esempio il blog www.ecocucina.org).
Queste dimostrazioni spettacolari alla Maugeri, che servono solo per dare visibilità a un personaggio e fanno passare un'immagine "fachiresca" del risparmio energetico, fatta di sacrifici e scomodità, sono solo controproducenti.
Nessuno dice che il passaggio a una vita a impatto zero sia indolore: è un'esigenza necessaria, ma non ci arriveremo mai proponendo un modello sbagliato. La grande sfida è portare cinesi e indiani al nostro livello di vita azzerando i consumi, non metterci tutti a vivere come fanno oggi i cinesi e gli indiani degli slum. Se invece vogliamo che sia proprio quello il nuovo modello di vita, non facciamocelo insegnare da Paola Maugeri: andiamo da chi è costretto a vivere senza luce per forza e diamo i soldi a lui. Almeno faremo del bene.

lunedì 15 novembre 2010

Il cellulare aiuta gli agricoltori indiani

I telefoni cellulari aiutano gli agricoltori indiani a rendere più produttivi i loro campi e a ridurre le perdite di raccolto causate da malattie o parassiti.


I telefoni cellulari sono gli strumenti per la connettività globale più diffusi nel pianeta. Prima ancora che attraverso i pc, gli esperti si aspettano che siano proprio loro, i telefonini, ad abbattere il digital divide che separa i Paesi in via di sviluppo da quelli industrializzati. Come potete capire si tratta di una questione fondamentale: la diffusione di notizie, conoscenze e anche pratiche ambientali può diventare tanto più rapida quanto sarà maggiore il numero di persone raggiungibili. E i cellulari sono lo strumento che meglio di ogni altro può garantire un'interconnessione anche a chi non può disporre di una rete fissa a cui allacciare il proprio computer. I nuovi smartphone possono consentire a chiunque, anche nei posti più remoti del Pianeta, di far parte della comunità globale.
Un esempio dell'efficacia dei telefoni cellulari arriva dall'India, dove l'autorità per la telefonia ha registrato nel solo mese di agosto più di 18 milioni di abbonamenti a servizi telefonici "portable": in tutto nel Paese sono oltre 670 milioni i possessori di un telefonino, più di metà della popolazione. Molte di queste persone vivono in villaggi rurali, dove spesso non hanno altri strumenti di comunicazione con il mondo esterno. A documentare i vantaggi di questa tecnologia è il blog Nourishing the Planet, allestito dal Worldwatch Institute.
Proprio partendo da questo dato di fatto, alcune società indiane, come il gruppo Tata. Thomson Reuters e Nokia hanno creato servizi di informazione per gli agricoltori, che vengono aggiornati quotidianamente sulle previsioni climatiche e sui prezzi di mercato dei prodotti agricoli. In questo modo sta diventando per queste persone più agevole programmare gli interventi in campo, a salvaguardia del loro raccolto, o decidere quando effettuare il raccolto per spuntare prezzi migliori. Un altro servizio è stato messo a punto dall'Istituto indiano di tecnologia. Si chiama aAQUA (almas All Questions Answered, cioè una risposta per quasi tutte le domande) e consente agli agricoltori di inviare semplici quesiti, per esempio su come affrontare l'aggressione di un parassita o come concimare meglio una coltura. Un altro servizio, chiamato Kheti, conente invece di inviare foto (scattate con il cellulare) del problema riscontrato in un campo, per chiedere come affrontarlo. A gestirlo è l'università inglese Sheffield Hallam.
Questi servizi tra l'altro sono forniti a prezzi relativamente bassi ( i più cari non superano le 800 rupie, circa 15 euro l'anno). I risultati si sono tradotti in una decisa riduzione delle perdite agricole nell'ultimo anno, corrispondente a un netto miglioramento delle condizioni di un gran numero di agricoltori indiani.

martedì 9 novembre 2010

Dalla teleconferenza alla telepresenza - di Riccardo Oldani


Una nuova tecnologia consente di organizzare riunioni a distanza dando la sensazione della reale presenza delle persone intorno a un tavolo. Un rapporto ne evidenzia i vantaggi in termini economici per le imprese e ambientali per la collettività. Potrebbe essere il primo passo verso un effettivo sviluppo del telelavoro, con enormi vantaggi anche per l’Italia.



Le tecnologie della comunicazione e dell’informatica (Ict) si stanno sviluppando a una velocità tale da lasciare a bocca aperta. L’ultimo esempio, ben noto a tutti, è l’IPad di Apple, appena introdotto sul mercato italiano. Ma ci sono anche altre soluzioni che, sfruttando gli sviluppi dell’Ict, possono portare a grandi benefici, economici e ambientali, modificando anche abitudini consolidate ma ormai da modificare. È il caso della telepresenza, un’evoluzione dei sistemi di teleconferenza che è in grado di dare la sensazione dell’effettiva e reale presenza di una persona in un luogo anche se questa si trova a chilometri di distanza (nelle foto una soluzione sviluppata dalla multinazionale Cisco). Uno studio su questa tecnologia, appena condotto su grandi imprese britanniche e americane, dimostra i vantaggi anche in termini ambientali del suo utilizzo. Condotto da Verdantix (www.verdantix.com), una società indipendente di ricerca, è stato commissionato dal Carbon Disclosure Project (www.cdproject.net), un’organizzazione internazionale senza fini di lucro, finanziata dal Rockfeller Philantropy Advisors di New York, che valuta le migliori strategie di risposta ai cambiamenti climatici.
Lo studio (scaricabile da internet www.sustainablelifemedia.com/content/story/strategy/telepresence_can_save_business_19_billion) ha esaminato i vantaggi della telepresenza in 15 aziende “globali” che se ne sono dotate già da tempo, quantificando i vantaggi ambientali ed economici. Ecco alcuni dati emersi dall’indagine.
• Una società che allestisca quattro sale riunioni in telepresenza può ridurre le sue emissioni di CO2 di 2.271 tonnellate entro 5 anni, equivalenti alle emissioni annue di 400 veicoli.
• Le società americane e britanniche con revenue annuali per oltre 1 miliardo di dollari (parliamo quindi di grandi gruppi) possono con la telepresenza tagliare circa 5,5 t di CO2 entro il 2020, installando circa 10.000 postazioni. Questa riduzione equivale alle emissioni di un milione di auto.
• Lo stesso tipo di società può arrivare a risparmiare, grazie all’impiego della telepresenza, oltre fino a 15 miliardi di dollari per spese in trasporti nel giro di 10 anni. Per le imprese britanniche i vantaggi sono inferiori, circa 3,5 miliardi di dollari in 10 anni, a causa delle minori dimensioni del Paese e quindi delle distanze inferiori da coprire.
L’ammortamento per gli investimenti in questa tecnologia è calcolato in 15 mesi.
Per un alto dirigente di una società di queste dimensioni i vantaggi si traducono poi in un grande risparmio di tempo, che può essere facilmente impiegato in modo più proficuo in altre attività.
Quanto è applicabile questa soluzione anche in Italia? Certamente lo è fin da subito da parte dei gruppi di maggiori dimensioni, soprattutto quelli che operano nel settore delle telecomunicazioni e anche, perché no, a livello di ministeri e di governo. Se si cercano strade per ridurre gli sprechi e fare cassa, le nuove tecnologie potrebbero essere senz’altro una strada da seguire.